“L’ennesima evasione di due detenuti, fuggiti recentemente dalla struttura di Barcellona Pozzo di Gotto, assieme alla grave sofferenza che affligge il personale di Polizia Penitenziaria in servizio nel territorio siciliano, ci induce ad assumere forme incisive di protesta”. SAPPE, O.S.A.P.P. , UILPA, P.P. FNS/CIS, U.S.P.P. e CGIL F.P. dichiarano lo stato di agitazione e, contestualmente, annunciano un sit in per il prossimo 26 luglio, riservandosi ulteriori azioni di lotta sindacale, previste dalla normativa in ambito regionale, per denunciare “con forza lo stato di abbandono in cui versano gli Operatori penitenziari della Regione, nell’indifferenza dell’Amministrazione Penitenziaria e degli schieramenti politici. “Il presidio – spiegano i rappresentanti delle rispettive sigle, Navarra, Quattrocchi, Veneziano, Ballotta, D’Antoni, e Giurato – si terrà dalle ore 9,30 alle ore 13,30 davanti alla sede della Prefettura di Palermo, nel corso del quale chiederemo un incontro al Prefetto, trattandosi di materia che investe l’ordine e la sicurezza pubblica. E qualora – avvertono non si dovessero riscontrare importanti correttivi in favore del personale di Polizia Penitenziaria della Sicilia, chiederemo un urgente incontro col Ministro della Giustizia, On. Alfonso Bonafede, al quale saranno illustrate le sostanziali differenze che si vivono nel Corpo in ragione delle diverse collocazioni geografiche e della necessità dei sicuri presidi di legalità, quali le carceri, che una Regione, come la nostra, dovrebbe possedere a tutela della collettività”. Le Organizzazioni sindacali passano in rassegna le emergenze. “Quasi quotidianamente, purtroppo, negli Istituti penitenziari siciliani – affermano – si registrano gravissimi eventi critici che vedono, troppo spesso, soccombere gli agenti, sempre più isolati, privi di adeguati strumenti di difesa e di contrasto alle continue evasioni di detenuti, a detrimento dell’immagine di quanti svolgono questo duro e delicato lavoro. Riteniamo che sia giunto il momento di indignarsi con determinazione rispetto a quanto sta accadendo quotidianamente nelle sedi penitenziarie, per mostrare alla politica che è assente e sorda ai nostri costanti richiami ed appelli, e all’ Amministrazione Penitenziaria che è silente ed incapace sia di gestire e risolvere le continue criticità, che ad affrontare le pessime condizioni lavorative ed organizzative dei Reparti in cui operano gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, dotati di organici sottodimensionati e mezzi inadeguati rispetto alle reali necessità, ed in cui gli Operatori sono gravati da carichi di lavoro sempre più onerosi in ragione delle nuove ed attuali necessità e, paradossalmente, maggiormente esposti a procedimenti disciplinari anche aspri. Né possono ignorarsi le scelte scriteriate dell’Amministrazione Penitenziaria, decisamente non più aderente alla realtà, che gestisce irrazionalmente le poche risorse messe a disposizione: basti pensare alla prima ipotesi di assegnazione, formulata dal Direttore Generale del Personale e delle Risorse, delle 98 unità maschili e 36 donne, ruolo Agenti/Assistenti, in occasione del piano di mobilità collegata alle ripartizioni del 175° corso che si concluderà a fine mese. Il piano, inspiegabilmente depauperato, seppure modificato leggermente in melius a seguito del confronto tra l’Amministrazione e le rappresentanze sindacali nazionali, conferma che la regione Sicilia e il suo personale sono lasciati totalmente soli, abbandonati al loro destino, con i poliziotti penitenziari costretti a turni di servizio addirittura oltre le 8 ore. Ciò mentre le attività trattamentali ed i compiti ad esse connessi aumentano con un ritmo impressionante, inversamente proporzionale alle risorse umane disponibili che si assottigliano sempre di più. In un contesto lavorativo ricco di doveri non si riescono a garantire i più elementari diritti dei lavoratori, quali quello alla sicurezza dei posti di lavoro (basti guardare le statistiche sugli infortuni sul lavoro che aumentano vertiginosamente), quello al recupero psicofisico, sempre più compromesso da carichi di lavoro ai limiti del collasso (Agenti costretti a ricoprire quasi sistematicamente più posti di servizio contemporaneamente) e il diritto all’esonero del turno notturno (il personale ultracinquantenne e/o con 30 anni di servizio è costretto ad espletare anche 6 turni notturni). Un grave scenario ulteriormente appesantito dal fatto che, nell’anno 2018, sono andate in quiescenza ben 179 unità e da gennaio a luglio 2019 altre 60, e che, con la recente nomina dei neo Vice Ispettori (a seguito di superamento di concorso interno) e il passaggio al ruolo sovrintendenti di altre circa 200 unità, la carenza nella nostra Regione, proprio nel ruolo Agenti/Assistenti sarà di circa 350, mentre complessivamente si registrerà un vuoto di 800 unità. Questo dato evidenzia come, in Sicilia, ci sia una carenza organica pari al 20%, quando in altre realtà lavorative, anch’esse sofferenti, presenti nel territorio italiano, addirittura non supera il 10%. L’apertura di nuovi padiglioni detentivi nei vari Istituti della Regione non ha trovato corrispondenza con un adeguato aumento delle dotazioni organiche che, viceversa, si riducono sempre di più in virtù di un inconsistente turn-over. Ciò, inevitabilmente, si è riverberato in un eccessivo, ulteriore aumento dei carichi di lavoro, che non ha fatto che peggiorare una situazione già fortemente deteriorata, tenuta in piedi solo dalla professionalità e dall’ineguagliabile spirito di sacrificio ed abnegazione ai compiti istituzionali degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria. In questo clima, già esasperante, il confronto con le istituzioni latita, le relazioni sindacali sono sempre più rarefatte e le stesse direzioni non sono in grado di garantire l’applicazione corretta dei protocolli di intesa locali, vista la carenza sempre più massiccia di uomini e mezzi. Nei più grandi Istituti penitenziari della Sicilia non si riescono ad assicurare gli adeguati giorni di ferie necessari per il recupero psicofisico del personale, ormai stremato dagli eccessivi carichi di lavoro e da turni impossibili. Gli stringati piani ferie estivi ancora non decollano per la notevole difficoltà da parte delle direzioni di garantire i livelli minimi di sicurezza e ciò contribuisce ad alimentare incertezza, disorientamento e svilimento da parte dei poliziotti penitenziari che, ad oggi, faticano a pianificare le meritate e legittime ferie estive. In tale contesto si accumulano giorni di congedo non fruiti nei tempi previsti e ore di lavoro straordinario non retribuito per mancanza di adeguata copertura finanziaria. La nuova ripartizione delle dotazioni organiche a livello nazionale, ha fortemente penalizzato in particolar modo la regione Sicilia, realtà del panorama nazionale in cui operano inoltre Nuclei Traduzioni e Piantonamenti Cittadini, Locali e Provinciali, non dipendenti dagli Istituti penitenziari, e che assorbono centinaia di unità di Polizia Penitenziaria impegnate, quotidianamente, nei delicati servizi di traduzione e piantonamento di detenuti, anch’essi sottodimensionati. Ebbene, paradossalmente, queste corpose aliquote di personale non sono state scorporate, ma ricondotte in seno alle dotazioni organiche degli Istituti penitenziari che, di fatto non possono servirsene, andando ad incidere ulteriormente sulla già grave carenza di personale. Inoltre, il regime detentivo aperto, ancora distante dal poter essere definito “sorveglianza dinamica”, sta mostrando ogni giorno di più le sue lacune visto il notevole aumento di eventi critici ed aggressioni ai danni del personale, dall’inizio dell’anno. Non è, infatti, ipotizzabile dare attuazione ad un programma di ammodernamento del sistema penitenziario e dell’esecuzione penale secondo i nuovi canoni senza un investimento in termini di potenziamento numerico delle piante organiche presenti in Regione ed un adeguamento tecnologico e strutturale degli Istituti penitenziari. Persistendo questo degradante e mortificante quadro del sistema penitenziario, il personale di Polizia Penitenziaria operante in Sicilia è costretto quotidianamente a svolgere turni di servizio non inferiori alle otto ore giornaliere, disposti unilateralmente senza confronto con le Organizzazioni sindacali, con notevole dispendio di lavoro straordinario (di incerta remunerazione a causa dell’ulteriore e preannunciato taglio sui fondi anche di questo capitolo di spesa) e di energie psicofisiche. Tutto ciò è paradossale, poiché secondo i calcoli dell’Amministrazione Centrale le dotazioni organiche stabilite dal recente decreto ministeriale del 2 ottobre 2017, dovrebbero essere sufficienti a garantire il corretto funzionamento delle organizzazioni del lavoro degli Istituti senza dover ricorrere allo straordinario programmato! Oramai in quasi tutte le realtà detentive della Regione il personale opera già ai livelli minimi di sicurezza durante le ore antimeridiane, e si riduce ai minimi termini nei turni pomeridiani e notturni, con un’inferiorità numerica rispetto alla popolazione detentiva che espone il personale di sezione al concreto pericolo di restare vittima di quegli stessi eventi critici che deve impedire e fronteggiare. Viste le condizioni attuali, è legittimo preoccuparsi per la sicurezza interna ed esterna al carcere, ed è doveroso investire di tale difficile situazione anche le Autorità competenti a garantire l’ordine e la sicurezza sul territorio. Le Organizzazioni sindacali – puntualizzano i rappresentanti – non solo sono perplesse ed amareggiate dalle risposte ricevute, e da come si sta affrontando la preoccupante situazione da tempo denunciata, ma sono seriamente preoccupate perché, a breve, ci si troverà nell’impossibilità di gestire adeguatamente le carceri, con grave nocumento per la sicurezza della collettività. La cronaca quotidiana ci racconta di aggressioni, rivolte, oltraggi che si susseguono ormai con una frequenza allarmante. Deve quindi registrarsi un crescente aumento di detenuti aventi rilevanti problematiche psichiatriche, attualmente ristretti negli Istituti penitenziari siciliani, determinato altresì dalla paradossale decisione di chiudere gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari senza prevedere un numero adeguato di posti letto nelle R.E.M.S., o di sufficienti articolazioni di salute mentale all’interno di determinati Istituti penitenziari più attrezzati ad affrontare il problema dal punto di vista sanitario. Appare paradossale che, mentre la politica definisce la chiusura di strutture come gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari come “atto dovuto per il ripristino della civiltà ed umanità”, preferisca poi lasciare migliaia di soggetti psichiatrici negli Istituti penitenziari che, per quanta buona volontà mettano gli Operatori penitenziari, non rappresentano certamente il luogo migliore in cui questi reclusi vivere, determinando, di fatto, un grave ed evidente pregiudizio agli standard di sicurezza delle carceri e all’importante e ordinata attività che dovrebbe svolgersi in favore dei detenuti: il trattamento penitenziario, fondamentale per abbattere la recidiva. Le risorse umane quindi scarseggiano, le integrazioni di personale sono di gran lunga inferiori ai pensionamenti. Gli organici sempre più ridotti costringono i nostri colleghi a ricoprire con una preoccupante sistematicità più posti di servizio con carichi di lavoro non più tollerabili, vedasi il personale che ha accusato presso la competente CMO di Messina sull’elevata domanda di prestazione associata a scarso controllo da parte del lavoratore e scarso sostegno fornito al lavoratore, che è alla base del burn-out. Inoltre, la ripartizione delle dotazioni organiche a livello nazionale, fatta nel 2018, ha fortemente penalizzato in particolar modo la nostra Regione rispetto ad altre realtà lavorative. Tutto questo – concludono Navarra, Quattrocchi, Veneziano, Ballotta, D’Antoni, e Giurato – ci dà la forza e la consapevolezza che bisogna combattere per garantire i diritti agli agenti penitenziari e per ottenere il giusto riconoscimento che alla Sicilia spetta”.