Fanalino di coda per i Comuni siciliani in merito alla spesa per servizi sociali. Emerge dai dati del Rapporto 2024 pubblicato da IFEL – Fondazione Anci su “Salute e Territorio”. In Sicilia la spesa procapite per servizi sociali è pari a 82 euro ( dati 2020 ) contro i 413 del Trentino Alto Adige. Dietro alla Sicilia, solo Abruzzo ( 71 euro pro capite ), Campania ( 66 euro pro capite ), Basilicata ( 54 euro pro capite ) e Calabria con 28 euro procapite. Le risorse sono state prevalentemente destinate alle povertà ed agli immigrati mentre si registra un decremento per dipendenze e per il target anziani, in controtendenza con il progressivo invecchiamento della popolazione in Italia. In base alle utenze, la spesa pro capite siciliana per famiglie e minori è pari a 188 euro contro i 708 del Trentino Alto Adige; per disabili a 873 euro contro i 6425 del Friuli Venezia Giulia; per anziani a 35 euro contro i 764 del Trentino Alto Adige; per immigrati a 159 euro contro i 293 del Molise; per povertà- disagio adulti e senza dimora a 18 euro contro i 94 della Sardegna. Dei quasi 8 miliardi di euro ( a livello nazionale ) di spese dei comuni per i servizi sociali, quasi 6 hanno come ente gestore l’amministrazione comunale, mentre la seconda tipologia è rappresentata dal distretto/ambito/zona sociale che nelle Regioni del Mezzogiorno detengono in termini percentuali il primato sulle altre regioni. Fanalino di coda anche riguardo a due aspetti importanti della fascia anziani: residenzialità e domiciliarità che richiamano l’attenzione sulle difficoltà legate all’assistenza domiciliare integrata con i servizi sanitari . “La fotografia che emerge dal rapporto – dichiara Gaetano Agliozzo, Segretario Generale Fp Cgil Sicilia – mette in luce un forte divario territoriale tra Nord e Sud del Paese, legato al fatto che le amministrazioni comunali sono chiamate ad affrontare le spese per il sociale facendo leva sui bilanci di cui dispongono e tutto questo a fronte di una dinamica delle entrate sostanzialmente ferma”.
“Quello che serve – aggiunge Monica Genovese, Segretaria regionale Funzione Pubblica – è una forte integrazione tra sanità e salute sociale. Su questo scenario l’attuazione del Pnrr può sicuramente avere un impatto positivo, se pensiamo ad un nuovo modello sanitario che necessita di professionalità in numero congruo ed opportunamente formate. Nei prossimi anni, ad esempio, avremo bisogno di almeno 100mila infermieri per innalzare il livello qualitativo dell’assistenza. Il PNRR potrà davvero cambiare molto nella sanità e nel benessere di salute dei Comuni in termini di benefici per i cittadini, con misure ed interventi rivolti agli Enti Locali e alla Sanità tutta che devono essere messi in condizione, in termini di personale, di poter utilizzare le risorse ed erogare servizi”. “Per questo come Funzione Pubblica – evidenziano Agliozzo e Genovese – rilanciamo la richiesta di un Piano straordinario per l’Occupazione che nella nostra Regione vuol dire anche stabilizzazione, aumento delle ore per i part-time, riconoscimento delle professionalità in campo sanitario, impiegate a vario titolo durante l’emergenza COVID. In questa ottica – concludono Agliozzo e Genovese – si inquadra la nostra richiesta all’Assessorato regionale della Salute in merito all’utilizzo delle risorse 2022/2026 per la rete di assistenza territoriale secondo obiettivi e target previsti dal PNRR, in modo da avviare un costruttivo confronto con particolare riferimento al reclutamento del Personale e al modello organizzativo che metta insieme salute e territorio di cui la Regione vuole avvalersi”.