“Tra i tanti problemi che affliggono la sanità siciliana, il pronto soccorso rappresenta l’epifenomeno di un sistema in crisi”. Fp Cgil Sicilia torna ad accendere i riflettori su una questione di grande rilevanza sociale. “L’assoluta assenza della medicina territoriale nella nostra regione (PTA, PTE ecc. sono da noi solo acronimi assolutamente privi di contenuto) determina che il paziente – affermano il Segretario Generale, Gaetano Agliozzo, e il Segretario dei Medici Sicilia, Renato Costa – ha una sola possibilità di trovare risposte al proprio bisogno di salute e cioè rivolgersi al pronto soccorso, anche se ciò significa attese di molte ore e spesso senza neanche la possibilità di avere un posto dove sedersi. Tale copiosa affluenza grava sull’attività di pochi operatori, i quali, eroicamente, continuano a presidiare la prima linea della medicina con spirito di abnegazione, esposti (molto più di altri colleghi) alle aggressioni di gente esasperata dalle lunghe code, e alla quale non si riesce a dare risposte concrete attraverso l’incremento degli organici. Sono ormai innumerevoli i concorsi per le aree di emergenza che vanno deserti, anche quando si offre un impiego a tempo indeterminato. Appare opportuno ricordare che in Sicilia non esistono specialisti in medicina di urgenza e pronto soccorso, con l’unica Scuola di Specializzazione di Catania che formerà 4 specialisti ogni anno a fronte di un fabbisogno ad oggi di circa 300 professionisti. Ora non sta a noi, in questa sede, individuare le responsabilità che hanno determinato questo scenario, ma certo sta a noi, spinti dal senso di responsabilità e dal dovere sindacale, occuparci di contribuire alla risoluzione di quella che rappresenta una vera e propria emergenza. Di fronte ad una condizione che sembra priva di una via d’uscita a breve termine, ci viene proposto – evidenziano Agliozzo e Costa – di condividere un “piano straordinario per il reperimento di personale medico per il sistema urgenza emergenza regionale” che prevede la possibilità di coinvolgere personale medico non specializzato (che grazie alla miope visione di chi ha voluto imbuti formativi alle Scuole di Specializzazione è sempre più numeroso) in un percorso di formazione retribuito presso aziende o enti del SSR. Si tratta di un intervento, a carattere straordinario, distinto in due fasi: una di 360 ore di formazione (150 di tirocinio e 210 di didattica in 5 mesi) svolta ai sensi dell’art.96 del vigente accordo collettivo nazionale per la Medicina Generale, la quale già adesso permette ai medici non specialisti di lavorare nei PTE e nelle ambulanze, e la fase successiva che permette al medico, provvisto di idoneità, di dichiarare la propria disponibilità a proseguire il percorso formativo. Ciò potrà avvenire limitatamente al reale fabbisogno dei medici dell’emergenza, e prevede un tirocinio di 3.000 ore di formazione distribuite in 24 mesi. Per tale motivo viene riconosciuta una indennità di formazione di 22.700,00 euro lorde per anno, come previsto dall’art.2 del DPCM 7 marzo 2007, cioè lo stesso importo degli specializzandi, e con uguale copertura assicurativa. E’ questa la soluzione a tutti i problemi che magicamente saranno risolti? Noi, ovviamente, diciamo no! Ma non possiamo esimerci dal fare alcune considerazioni. Un grande numero di medici non ammessi alle scuole di specializzazione lavorano in atto presso strutture private, sottopagati, sfruttati e spesso con contratti capestro. La formazione professionale, presso strutture del SSR è un importante arricchimento del processo formativo del medico, soprattutto quando è, come in questo caso, assolutamente deficitaria quella universitaria. Le tutele e gli istituti riconosciuti a questi tirocinanti sono mutuati dalla disciplina prevista per gli specializzandi. Non si comprende quindi per quale ragione tali tutele, recepite dal Corso proposto dalla Regione Siciliana, siano prive di efficacia e di dignità, mentre quando si fa riferimento ai Corsi di specializzazione gestiti dalle Università le stesse siano notoriamente adeguate. Così come non si comprende per quale ragione un tutor sanitario sia inferiore o meno capace di un tutor universitario, considerato che ad oggi la gestione della Scuola di Specializzazione è di fatto affidata quasi esclusivamente al personale ospedaliero in servizio nelle Aziende Ospedaliero Universitarie. Il vero problema è avere la capacità di guardare oltre, di avere percorsi formativi universitari adeguati e congrui, di razionalizzare le risorse del SSR, di tendere al continuo miglioramento dell’offerta sanitaria in risposta ai bisogni di salute e soprattutto di assumersi la responsabilità dei processi decisionali. E’ per questo che abbiamo condiviso il percorso proposto, coscienti dei limiti presenti ma consapevoli anche che questa soluzione permetterà di superare l’emergenzialità del momento e ci metterà in condizioni di avere il tempo di operare per la soluzione strutturale del sistema, come ripetutamente richiesto dalla CGILFp Nazionale e a tutt’oggi disatteso. Convinti del percorso intrapreso nell’interesse dei pazienti e nella difesa ad oltranza della dignità e delle professionalità dei colleghi medici, noi ci siamo – concludono Agliozzo e Costa.